Johanna Bonger – La vedova Van Gogh

Oggi è ricorre la nascita di Vincent Van Gogh e sul web si stanno moltiplicando esponenzialmente i messaggi di auguri in onore del “visionario” pittore olandese.

Senza nulla togliere al grande e tormentato Vincent, vogliamo però approfittare per raccontarvi la storia di colei che ha permesso che l’eredità artistica del pittore venisse tramandata e che il nome Van Gogh divenisse imprescindibile in qualsiasi libro di storia dell’arte, fosse anche un Bignami.

Parliamo di Johanna Bonger, moglie dell’amatissimo fratello Theo ed erede dell’immensa produzione artistica del cognato.

Se si valutasse questa eredità nei termini attuali di fama di Van Gogh, si potrebbe pensare che sia stata fortunata a trovarsi tra le mani quello che, ad oggi, sarebbe un vero e proprio tesoro, se non fosse invece che, senza la sua perseveranza (e un certo grado di testardaggine) quello che ora è un patrimonio culturale ed economico incalcolabile, ai suoi tempi erano solo un mucchio di tele imbrattate senza valore.

Johanna viene raccontata come una ragazza sveglia e vivace, suona il pianoforte e prende l’equivalente di una laurea in Inglese e per qualche tempo trova impiego nella biblioteca del British Museum.

La sua passione per la letteratura e l’arte, e la conoscenza che ha appreso di queste materie si riveleranno fondamentali quando deciderà di accettare la proposta di matrimonio di Theodorus Van Gogh, fratello minore di Vincent. Non è tanto l’unione, quanto la tragica catena di eventi che la travolge di lì a poco a segnare il suo futuro e quello dei due fratelli.

Si sposa ad aprile del 1889 e a nel gennaio del 1891 è già vedova con un figlio appena nato, il cognato è morto suicida solo sei mesi prima.

Johanna non è il tipo da abbattersi e nemmeno di dare retta ai consigli non richiesti; ha una proprietà a Parigi, 200 quadri e una approfondita conoscenza di varie lingue. Questo le sarà sufficiente a prendersi cura del figlio e ad elevare la figura di Vincent. Tornata in Olanda apre una pensione, riprende i vecchi contatti in campo artistico e inizia un lavoro di catalogazione e traduzione che la porterà a poter pubblicare, prima in olandese e poi in inglese, lo scambio epistolare tra Theo e Vincent, dal quale si evince la sofferenza e il tormento che attanagliavano il pittore e, in qualche modo, si possono trarre le prime interpretazioni riguardo al suo stile così particolare e di rottura.

Organizza nel frattempo mostre e dona quadri a retrospettive. Questo la rende oggetto di aspre critiche, della quali, apparentemente, non si preoccupa. Sposa in seconde nozze un pittore, ma anche questa volta resta vedova. Passerà il resto della sua vita tra  New York e Amsterdam, continuando il suo lavoro di traduzione (è anche insegnante e traduttrice di racconti) e continuando a promuovere il talento di Vincent.

La sua strategia gestionale risultò vincente. Le mostre, i quadri venduti occasionalmente e non in modo avventato, la pubblicazione delle memorie  della famiglia, aumentarono di anno in anno la fama del cognato, fino a quando, non certo immeritatamente, il suo genio venne riconosciuto e accolto nella storia dell’arte.

Johanna muore nel 1925, ad Amsterdam dove era nata 62 anni prima, e tutto quello che resta rimane in eredità a suo figlio Vincent Willem, che sarà poi uno dei principali artefici del Van Gogh Museum che vede la luce nel 1973.

Per concludere in bellezza, o meglio per aggiungere qualche impegno in questa sua vita così poco ricca di avvenimenti, nel 1905 Johanna sarà anche una dei membri fondatori del movimento socialista delle donne.

Quando si dice che una è un tipo (tosto!)

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