La Grande Rapina Intellettuale
Il 26 aprile si celebra la giornata mondiale della proprietà intellettuale e il 2020 è dedicato alle Donne nella creatività e nella innovazione. Non fate quella faccia lì, non l’abbiamo deciso noi.
Nel corso dell’ultimo secolo e mezzo sono stati molti i casi di appropriazione di ricerche, scoperte e invenzioni realizzate da donne.
Inizialmente era mia intenzione riportare una lista dei più eclatanti tra questi furti, ma per questo posso, come al solito, linkarvi interessanti articoli redatti da altri che non avrebbe senso riprodurre, anche perché sarebbe un po’ come appropriarsene. (link in basso)
C’è però una costante in tutte queste storie ed è forse più interessante riflettere su quella: lo squilibrio di potere (o nella percezione dell’autorevolezza) a cui queste donne, e tutte le donne, devono spesso far fronte su base quotidiana.
Debbo precisare che comunque questa dinamica trascende in generi; la maggioranza delle appropriazioni di carattere scientifico (e non solo) tendono ad esistere a causa di uno squilibrio, e la parte lesa è sempre quella che viene ritenuta debole, inferiore o nella condizione di disporre di meno fondi.
Ciò non toglie che nello specifico segmento di popolazione che rappresentiamo, l’architettura sociale vede la donna come pilastro portante solo in alcuni contesti, mentre assume ruoli via via meno importanti quando si scosta da essi, divenendo troppo spesso non più che un oggetto di arredamento, o qualcosa di utile ma non fondamentale, come una segreteria telefonica.
Si afferma comunemente che le donne debbano lavorare il doppio per raggiungere uno status lavorativo egualitario con i colleghi maschi, ma può capitare (e capita!) che lavorino anche il triplo o il quadruplo per finire comunque un gradino sotto.
Ignorate se troppo docili, contestate se troppo autoritarie, derise quando sbagliano, accantonate perché considerate irrilevanti, ancora oggi la cieca fiducia riposta nelle capacità degli uomini si trasforma in meticolosa indagine alla ricerca costante del passo falso o dell’errore nei confronti delle donne; il beneficio del dubbio diventa un capo d’accusa.
Qualunque essere umano necessita di supporto, materiale e morale, per raggiungere i propri obiettivi, soprattutto nel caso in cui essi puntino alla realizzazione di grandi risultati, nel campo della scienza, della tecnica, in quello artistico o intellettuale. Doversi misurare costantemente contro atteggiamenti di avvilimento delle proprie capacità razionali, l’essere messi in costante discussione riguardo le proprie reazioni emotive, non ricevere elogi quando essi sono meritati rende penoso per chiunque esprimere il proprio potenziale, e ne danneggia l’autostima, al punto che non sorprende se, chi subisce un furto intellettuale, si ritrovi in un stato di tale annichilimento, un’indotta Sindrome di Stoccolma mentale, che drena l’energia o il desiderio di rivalersi nei confronti di chi si si è reso colpevole dell’appropriazione. Talvolta invece i colpevoli decidono semplicemente di affossare la carriera delle vittime perché posti nella posizione per farlo.
Nel mondo del lavoro, e in particolare in campo scientifico, la disparità di genere viene spesso identificata come qualcosa di materiale – nel gap salariale – ma a mio parere la vera barriera è l’approccio comportamentale che relega automaticamente un certo tipo di soggetti in una posizione di inferiorità, ignorando la meritocrazia e facendo affidamento allo stereotipo patriarcale per assicurarsi il successo della propria impresa.
E quando metti in comando qualcuno che non sa svolgere il proprio compito non c’è da stupirsi se finirà per copiare.
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