Squillo – Satira o apologia?

In queste ultime settimane, l’ennesimo focolaio di una diffusa quanto contagiosa malattia venerea, ha fatto la sua ciclica ricomparsa mietendo numerose vittime in una circoscritta, ma non isolata, fetta di popolazione
Sono più inclini al contagio, di questo morbo apparentemente incurabile, coloro già affetti da cronica carenza di buon senso o, nei casi più gravi, tutti gli ipersensibili qualunquisti della domenica.
Per i benpensanti invece la diagnosi è gravissima, con quasi nessuna possibilità di sopravvivenza, soprattutto a causa della frequente complicazione neurologica nota come satiricum absentia, volgarmente conosciuta come “mancanza di umorismo”.
Il celebre farmaco omeopatico “Fattela una risata” – le cui proprietà immaginarie, ricordiamo, sono state ampiamente disconosciute – non sortisce nemmeno un blando effetto placebo, condannando i contagiati a un lento deperimento delle facoltà mentali e all’insorgere di comportamenti ossessivi e paranoidi.
Di cosa stiamo parlando? Ma degli avvenimenti surreali che hanno visto la luce in queste ultime settimane e che interessano, a solo 7 anni dalla sua prima pubblicazione, il gioco da tavolo ‘Squillo’.
Volevamo essere sul pezzo, ma stiamo soffrendo di una sorta di jet leg per procura a causa della demenziale tempistica con la quale, per la terza volta, si torna a parlare in toni prosaici, di un gioco di carte satirico uscito in commercio nel 2012.
Manuel Cuni – meglio conosciuto come Immanuel Casto, cantante e performer sui generis – scrive e autoproduce un gioco da tavolo, Squillo appunto, in cui il pretesto narrativo che permette ai contendenti di sfidarsi, è quello di impersonare (preparatevi a caricare il moto di sdegno) un pappone. Come nel ben più noto ‘Magic’, ogni giocatore possiede un certo numero di carte che rappresentano “armi”, “potenziamenti”, “creature”, “abilità specifiche” etc, le quali gli permettono, turno dopo turno, di sfidare gli altri giocatori e portare a casa la vittoria. Nel caso del gioco ideato da Manuel le creature sono prostitute, le armi i loro accessori del mestiere, i potenziamenti sono le loro caratteristiche specifiche e le abilità….beh dai avete capito.
A fine ottobre Il Messaggero decide di dedicare un articolo al gioco, sostenendo che alcune associazioni femministe ne vogliono il ritiro dal commercio. Il rinnovato interesse per il pericoloso passatempo attrae immediatamente Elena Boschi che pubblica uno status indignato dove si stupisce che possa esistere un prodotto di così cattivo gusto, che rappresenta un’offesa per il dramma dello sfruttamento della prostituzione, nonché un pessimo esempio per i giovani. A seguire una serie di articoli e interviste, più impegnati a “citarsi” a vicenda che ad approfondire cosa esattamente ci sia dentro la confezione di Squillo, non chiariscono la questione e anzi riportano informazioni errate e di seconda mano.
Il tutto si “risolve” per l’ennesima volta (sic) in un’interrogazione parlamentare contro il gioco.
Dal canto nostro, come associazione femminista composta da donne che, tra le altre cose, sono appassionate di giochi da tavolo, la prima domanda che ci siamo poste è stata “ma sta gente sta bene con il cervello?” mentre la seconda è stata una più semplice considerazione logistica tipo “ma quali sarebbero queste associazioni femministe che si sono rivolte al codacons”? Nel tentativo di scrivere un articolo il più possibile coerente, ci siamo lanciate in un’approfondita ricerca di tutto il materiale pubblicato. In nessun caso viene citato direttamente il nome di alcuna associazione. A noi personalmente piace andare controcorrente e metterci la faccia, e siamo rimaste sinceramente basite da questa mancanza e confusione nella condivisione di informazioni e battaglie così surreali che Don Chisciotte scansati proprio.
Tornando al principio, il sagace giornalista del messaggero che ha dato il via a questo rinnovato livore contro il gioco decide di paragonarlo al Monopoly. Che scelta infelice! Oltre ad non avere assolutamente niente in comune con questo passatempo per famiglie (Squillo è VM 18 ed è un roleplay), il paragone mi ha però immediatamente toccata sul vivo in quanto, quello che viene considerato un innocuo svago, è forse l’esempio più folgorante di strumento diseducativo.
I partecipanti vengono infatti anestetizzati alle regole del capitalismo estremo, in un contesto in cui non si racconta l’economia sotto un punto di vista comico o satirico, ma con una dovizia di replica nei dettagli (i soldi, l’accumulo dei beni, lo strozzinaggio dei proprietari immobiliari nei confronti di coloro che sono costretti a sostare presso di loro) che lo renderebbe un candidato perfetto per la lista dei giochi che sarebbe meglio rimuovere dagli scaffali.
È infatti la scelta di come la storia da interpretare viene narrata che rende un gioco come Squillo completamente innocuo; trattasi infatti di un impianto narrativo intriso di black humor, una satira che non lascia spazio a fraintendimenti o a possibili empatie con i personaggi che si vanno ad interpretare. Non si comprano palazzi con repliche di banconote nel tentativo di mandare sul lastrico i propri familiari, si vendono organi umani al mercato nero per recuperare l’investimento fatto sulle proprie “impiegate” poco fruttuose. La differenza semantica è abissale e, se il termine non vi fosse familiare, vi semplifico dicendo che mentre da un lato abbiamo la replica perfetta di una situazione reale, dall’altro abbiamo dei personaggi realistici, raccontati attraverso degli stereotipi comuni (molto spesso diffusi dagli stessi media) che interagiscono in una situazione surreale nella quale nessuno deciderà, a fine partita, di portare il proprio compagno/a a battere in strada. E il doppio riferimento di genere non è casuale. Il gioco infatti, che così offende le donne, ha avuto quasi immediatamente un’espansione dedicata ai maschietti, nel senso che oltre alle Squillo ci sono anche i Marchettari. Questo a voler sottolineare quanto la scelta delle informazioni da condividere con cipiglio indignato, sia stata tanto superficiale, quanto forse volutamente pilotata. Vogliamo optare per imprecisa?
Cosa avrebbero da dire, questi difensori della morale e della pubblica decenza, se venissero a scoprire allora di altri giochi di dubbio gusto, tra tutti Carte contro l’umanità, una sfida a colpi di risposte nefande che punta a creare le combinazioni più assurde e atroci attraverso l’utilizzo di risposte prestampate che esplicano le peggiori perversioni che si possano immaginare, rompendo gli schemi del perbenismo turno dopo turno. Vogliamo metterlo al rogo? Ovviamente no. Ovviamente dovrebbe essere insita nell’essere umano la capacità di discernere tra reale e ironico, ma siamo tristemente consapevoli che spesso non sia così, tanto che, se chi si “impegna” a scrivere articoli su giochi da tavolo innocui si fosse preoccupato di aprire il gioco o di discuterne le scelte narrative con chi lo ha scritto, avrebbe FORSE capito di stare facendo un pessimo servizio alla verità dei fatti e al giornalismo in generale.
Roleplay come Squillo non rappresentano un pericolo per la morale; vengono approcciati dai giocatori attraverso vari filtri di comprensione e interpretazione. Viene specificato in alcuni articoli, che sono soprattutto universitari e donne a giocarci e questo dato non ci sorprende affatto. Per riuscire a giocare divertendosi a questo tipo di passatempi bisogna possedere gli strumenti di discernimento adatti ad affrontare una sfida a carte a colpi di sesso orale e malattie veneree per quello che è: un gioco satirico.
Ci teniamo anche a sottolineare che infarcire i sopracitati articoli di dati statistici riguardanti la prostituzione, non serve a convalidare il proprio giudizio personale, quanto piuttosto a attestare che non si è assolutamente consapevoli delle specifiche tecniche dell’argomento che si sta esponendo.
Vorremmo riflettere un momento anche sul perché per taluni, sia necessario prendersela a cuore così tanto da spendere tempo prezioso per fare interrogazioni parlamentari su un gioco in scatola, il cui possesso è limitato dalle sue caratteristiche intrinseche e dalla natura stessa dei giochi da tavolo. Chi vuole impegnarsi in questo lascivo e immorale passatempo deve volontariamente decidere di comprarlo, apprenderne e memorizzarne tutte le regole, trovare abbastanza amici per poter giocare una partita – tutti filtri che ne limitano la fruizione – e infine iniziare la sua carriera nello sfruttamento “immaginario” della prostituzione. La quantità di step necessari al raggiungimento dello scopo finale implicano un volere fattuale molto specifico. Di contro invece, basta accendere la televisione per essere investiti, senza che venga fornito alcun libretto di istruzioni, da programmi quali Uomini e Donne, Forum, “inserire reality a caso” in cui, una narrazione passata per realistica e veritiera, è invece una rappresentazione farsesca che si impegna a ingannare lo spettatore cercando di convincerlo della propria autenticità.
Solo di qualche giorno fa è la polemica, rimasta piuttosto blanda, della messa in onda da parte di Mediaset di un’esibizione musicale in cui il novello trapper snocciola davanti alla videocamera, in fascia protetta, un testo misogino e squallido, che avrebbe fatto arrossire perfino la più perversa delle prostitute di Squillo.
Personalmente l’impressione è che si voglia distrarre, e distrarsi, da tematiche ben più pressanti, dando adito a polemiche futili cercando di indicare qualcuno per nascondere la propria ignoranza ed incompetenza. Cercheremo di raggiungere personalmente Manuel Cuni per poter discutere di questa ridicola faccenda direttamente con lui, riportando integralmente, il suo pensiero su tutta la questione.

(In foto la prima edizione del gioco)

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