Una forma di Arte

Oggi si celebrano i Musei ed è l’occasione perfetta per spendere due parole sulla regina delle collezioniste d’arte, la giovane ricca ereditiera che divenne mecenate: Peggy Guggenheim.

Osservata superficialmente potrebbe sembrare una qualsiasi ragazzetta delle classi alte che, viziata e annoiata, decide di collezionare costosi dipinti come hobby.

Peggy invece è stata un personaggio unico nel suo genere, un donna eccezionale, carismatica, testarda e indipendente, appassionata e conoscitrice dell’arte, il cui contributo alla diffusione e al riconoscimento dei meriti dell’arte contemporanea è incalcolabile.

Figlia di una ricchissima stirpe di imprenditori e investitori di origine ebraica, quando raggiunge i 21 anni entra in possesso di un patrimonio di due milioni e mezzo di dollari (che equivalgono a 36 attuali).

Una vera fortuna, eppure è letteralmente l’esponente più “povero” della dinastia Guggenheim, questo anche a causa della prematura morte di suo padre nell’affondamento del Titanic.

Nonostante possieda abbastanza denaro da poter vivere di rendita per tutti gli anni a venire, non è prona a starsene con le mani in mano e svolge vari lavori decisamente non d’elite, uno dei quali come commessa in una libreria avant-garde di Parigi. Proprio questo impiego e la sua passione per la letteratura le permetteranno di entrare in contatto con il movimento bohemian.

La svolta artistica della sua vita arriva di lì a breve: diventa amica (e in seguito promotrice) di Marcel Duchamp, che la introduce all’arte contemporanea iniziandola ad una passione che sarà la sua (e la nostra) fortuna. Grazie al suo intuito, alla capacità di saper scommettere sui giusti artisti e l’abilità di scovare talenti (Pollock è il suo più grande orgoglio) la sua collezione, in soli sette anni, cresce a dismisura, anche in funzione del suo approccio metodico: acquista i quadri secondo una tempistica e uno schema preciso e scommette su molti emergenti, finendo per possedere alcuni dei più importanti pezzi dell’arte della metà del 900.

La sua famiglia, nonostante lo zio abbia creato la fondazione d’arte che porta il nome di suo nonno e che gestisce i musei a lui intitolati (tra cui il più celebre con sede a New York) non vede di buon occhio questa ragazza così indipendente e, come si sarebbe definita all’epoca, libertina. Peggy non si fa mancare nulla, se è vero che sa spendere oculatamente i suoi soldi, non è altrettanto cauta con feste e amanti; i suoi matrimoni finiscono a causa dei suoi tradimenti, colleziona passioni ardenti con pittori, scrittori, fotografi ed esponenti dell’alta società; chiunque lei voglia lo ottiene. 

Il suo fascino è racchiuso nella forza, ma anche nella sensibilità che la caratterizzano. Il rapporto con gli artisti che coltiva per le sue mostre e collezioni è di totale venerazione, tutti la amano e non solo perché difficilmente non tornerà a casa a mani vuote, ma per il suo approccio aperto e empatico nei confronti del prossimo.

La sua idea iniziale di aprire un museo a Parigi venne stroncata dall’invasione tedesca che la costringe a tornare nella sua città d’origine, New York, dove nel 1937 fonda il Solomon R. Guggenheim Museum, uno dei musei più belli e sede di una delle collezioni d’arte più importanti al mondo.

La sua sede attuale viene inaugurata nel 1943 e la struttura è opera dell’architetto Frank Lloyd Wright; è considerato uno dei capolavori dell’architettura contemporanea, ma poteva forse Peggy accontentarsi di niente di meno?

Dopo aver esposto la sua collezione nel 1948 alla Biennale di Venezia decide di prendervi fissa dimora, compra il Palazzo Vernier dei Leoni e spende la maggior parte del resto della sua vita sulla laguna. Donerà la dimora e la e il suo inestimabile contenuto alla fondazione museale, ma il palazzo attualmente ospita ancora parte della collezione privata.

Morirà in Italia, a Camposampiero, nel 1979.

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